UOMO MEDICO SPECIALISTA

Il chirurgo estetico che intenda realmente stabilire con il paziente un rapporto terapeutico autentico ed efficace, mirando al recupero, di concerto con il paziente stesso, della salute, dell’autostima e dell’armonia psicofisica, deve cominciare – o ricominciare – il proprio iter ippocratico da una onesta, sincera e profonda introspezione psicologica, attraverso la quale possa mettere in discussione il proprio Io e, se necessario, mediante una autocritica costruttiva, correggere il proprio egocentrismo e la propria presunzione, scendere dal proprio piedistallo pseudo-professionale di “superspecialista” e porsi, umanamente ed intellettualmente, su un piano lealmente paritario rispetto al paziente. Lo stadio successivo dell’iter, tendente ad avvicinare il chirurgo estetico al suo paziente, consiste nel costante esercizio dell’empatia, che rappresenta la chiave mediante la quale egli può accedere alla psiche della persona che si è rivolta a lui. Ciò gli consente di capire e di farsi capire. Capire significa far luce sugli aspetti più profondi della personalità del paziente, condizione necessaria per poter cogliere la risonanza psicologica che accompagna i dismorfismi. Farsi capire significa contribuire a sviluppare l’empatia anche nel paziente, affinchè questi si renda conto dell’umanità, dell’onestà e della serietà del chirurgo nonché della volontà, da parte sua, di impegnarsi attivamente e responsabilmente nell’esecuzione dei protocolli terapeutici. Infine, l’ultima tappa di tale iter è costituita, paradossalmente, da un passo indietro, solo apparente, che in realtà, invece, rappresenta un notevole progresso sul piano professionale, oltre che umano. Il cosiddetto superspecialista deve, infatti, ricordare a se stesso – e rieducarsi a tenere sempre in mente – di essere un essere umano ed un medico, prima di essere un chirurgo estetico. Solo i chirurghi presuntuosi, che non considerano il suddetto iter ippocratico una priorità imprescindibile per potere esercitare la propria attività professionale, possono credere che l’invito a “fare l’uomo” e a “fare il medico” sia offensivo, perché, secondo loro sminuirebbe la loro figura, degradandola al livello dei cosiddetti “generici”, i quali hanno seguito un curriculum formativo molto meno lungo e difficile del loro. Questo genere di pseudoprofessionisti, purtroppo numerosi e di tutte le età, preferisce, invece, che i loro pazienti – e con loro tutta l’opinione pubblica – li credano maghi, o addirittura veri e propri artisti, come la denominazione della loro specialità – “estetica”, per l’appunto – potrebbe indurre a pensare. Del resto, al giorno d’oggi, i mezzi di informazione bombardano l’opinione pubblica con articoli e programmi sulla chirurgia estetica, che in genere fanno audience, proponendo un modello di chirurgo estetico che poco o nulla ha a che fare con la figura di un medico ma che è stato costruito – ad “arte”, è proprio il caso di dirlo – per diventare un personaggio da telenovela, ideale protagonista di conversazioni da salotto o da spiaggia. Questo divo da copertina è, per l’appunto, una specie di mago-artista, in genere eccentrico, un po’ tenebroso, a volte persino scontroso, di poche parole, dal senso inafferrabile ai più, elegante e raffinato, spesso attraente, dal fascino gelido ed un po’ inquietante, inaccostabile dalla gente comune, se non per brevi – e costose – visite, presso lussuosi studi, simili ad atelier di gran classe. Di norma questo personaggio opera in esclusivi centri privati a cinque stelle, solitamente simili a grand hotel, a ville patrizie o ad holiday resort, spesso dotati anche di beauty farm, comunque al di fuori delle comuni strutture sanitarie e senza contatti con i comuni medici, collaborando, in genere, soltanto con operatrici estetiche e segretarie ma solo se molto avvenenti. Quando si riesce a farsi ricevere, ci si rivolge a Lui come ad un santone, con reverenza ed anche con un po’ di timore, dovuti al Maestro, del quale si sussurra che, se vuole – e se non Lo si indispone – con un Suo gesto ineffabile, in un momento, può donare la bellezza a chi non ne ha. Dopo poche parole, spesso interrotte bruscamente per ragioni di tempo, ed una rapidissima visita, esclusivamente locale, Lui intuisce tutto chiaramente e, senza dare alcuna spiegazione al paziente – anche perché è gelosissimo dei Suoi segreti, che comunque la gente comune non potrebbe cogliere – lo rassicura, dicendogli che con un Suo intervento il suo aspetto fisico cambierà subito, diventando attraente, non resterà alcun reliquato delle precedenti deformità ed egli avrà l’onore di diventare una delle Sue tante opere d’arte viventi, potendo mostrare a tutti con orgoglio la Sua firma, prestigiosa ed esclusiva come una griffe di alta moda. La risonanza di questo modello mediatico di chirurgo come mago-artista è enorme nel nostro contesto culturale, perchè si adatta perfettamente alle logiche della attuale società dei consumi. E’ questa la bellezza, è questa la chirurgia estetica, è questa la salute, è questa l’umanità? Non credo. Il chirurgo estetico, lo ripeto, deve intraprendere un importante iter psicologico: deve scendere dai suoi piedistalli pseudo-professionali, deve imparare o re-imparare ad essere un essere umano sensibile ed empatico, deve instaurare un rapporto di comprensione, rispetto e stima reciproca con il paziente, e deve collaborare lealmente e professionalmente con lui affinchè, anche grazie al proprio intervento, questi possa riconquistare la salute, l’autostima e l’armonia psicofisica.

Chirurgia Plastica a Catania
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