BARBIE & KEN E LA BELLEZZA ESIBIZIONISTICA

I condizionamenti culturali che entrambi i sessi subiscono nel nostro contesto sociale fanno sì che un gran numero di soggetti, sin dalla pubertà, ponga in cima alla loro scala di valori la necessità di essere sessualmente provocanti e di mostrare, in modo palese o indiretto, il proprio corpo, allo scopo di accendere il desiderio nel sesso opposto. Il potere di indurre aggressivamente desiderio immediato nell’altro sesso viene, difatti, comunemente considerato un mezzo molto efficace per ottenere successo nella vita e per acquisire uno status sociale dominante, Infatti, secondo questi modelli socio-culturali, imposti dai media, la bellezza esibizionistica e provocante è ritenuta vincente, rispetto ad altri mezzi di affermazione individuale, in quanto di per se stessa – e quindi senza essere necessariamente accompagnata da doti intellettuali e morali – è considerata in grado di stimolare, quasi forzatamente, nei soggetti di sesso opposto, subito dopo l’ammirazione, un desiderio di intensità sufficiente a produrre una condizione di assoggettamento psicologico che consente di ottenere facilmente dei vantaggi sociali non indifferenti. Questo è, per l’appunto, il modello ideale di bellezza che molti pazienti, soprattutto di sesso femminile, hanno in mente quando si rivolgono al chirurgo estetico. E, per inciso, sono proprio queste pazienti coloro che, se operate, anche quando l’intervento sia stato eseguito alla perfezione e non si siano manifestate complicanze, spesso non riescono ad uscire da uno stato cronico di ansia ed insoddisfazione, anzi diventano ancora più ansiose ed insoddisfatte. Infatti, accade oggi sempre più di frequente che determinate pazienti richiedano un intervento di chirurgia estetica, indipendentemente dalla loro età, non tanto perché non si ritengano, nel complesso, sufficientemente gradevoli. In realtà – lo si comprende sin dai primi scambi di battute, durante le consultazioni – le pazienti di questo tipo non si pongono affatto come priorità il fine di amare se stesse. Non sentono, infatti, il bisogno primario di creare un rapporto psicofisico sano, armonico, sereno e stabile né con se stesse né, tanto meno, con gli altri. Il solo e vero obiettivo che vogliono raggiungere, tramite l’intervento, è, invece, quello di diventare sessualmente attraenti, in modo da esercitare un potere su persone che potrebbero essere di qualche utilità per loro, senza necessità di legami sentimentali. Pertanto, non vogliono semplicemente che il chirurgo corregga un loro dismorfismo, ossia che modifichi, mediante un intervento, un determinato distretto anatomico, al fine di rendere il loro aspetto, nella loro totalità, più armonico. Per contro, ciò che realmente chiedono, più o meno esplicitamente, è che l’intervento renda più appariscente, quindi non più armonico, il distretto anatomico da correggere, affinché esso possa essere notato immediatamente e possa, di per sé, attrarre fisicamente individui di sesso opposto. Quindi, nelle consultazioni per aumenti di volume delle labbra, del seno e dei glutei, ad esempio, vengono richiesti forme e volumi eccessivi e sproporzionati. In questi casi, l’esperienza insegna che il chirurgo deve potere disporre di un certo margine di azione e di un certo margine di tempo per potere discutere con queste pazienti. Infatti, la condizione preliminare per intervenire efficacemente su queste pazienti consiste nel poterle educare ad acquisire una concezione più elevata della bellezza. Può essere opportuno, a questo scopo, cercare di richiamare nella paziente il ricordo di esperienze artistiche gratificanti. In particolare, si può chiedere alla paziente se riesca a ricordare di avere goduto accostandosi ad immagini e ad opere d’arte nelle quali la rappresentazione della persona ritratta ne esprimesse la “grazia”, ossia l’armonia fisica e psichica. Nel contempo, si possono mostrare alla paziente, durante la consultazione, altri ritratti – fotografici, a disegno, a pittura o a scultura, – possibilmente a lei non noti, allo scopo di valutare la sua effettiva capacità di apprezzare la grazia, insita in alcune rappresentazioni della figura umana. Se la paziente è in grado di evocare e rievocare esperienze emotive di questo genere, si deve cercare di comprendere se, ed eventualmente in quale misura, la traccia di quel sentimento – il godimento della grazia, appunto – nel suo vissuto, abbia influenzato e quindi, una volta rievocato, possa ancora influenzare, la sua prospettiva estetica. E’ necessario comprendere se la persona – in virtù della sua esperienza vissuta e della recettività dimostrata – sia ancora, nonostante la sua attuale concezione del bello come appariscente, capace di apprendere a riconsiderare la grazia come “valore”, ossia come metro psicologico di valutazione di se stessa e degli altri e come modello al quale ispirarsi, cercando di adeguare ad esso il proprio “Io”, come unità psicosomatica. Se sia ancora capace di capire che essere bella significa conquistare la “grazia”, l’armonia del corpo che si rispecchia nell’interiorità e che, pertanto è al tempo stesso salute, benessere e gioia di vivere. Solo così si può tentare di liberarsi del proprio malessere e delle proprie ansie, altrimenti non trattabili, e di trarre beneficio da un intervento correttamente indicato, ottenendo una gratificazione che può consentire di vivere in sintonia con se stessi e con gli altri.

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